MUSEO DI ZOOLOGIA
La collezione malacologica
Per comodità si distinguono due collezioni, quella dei molluschi marini e quella delle conchiglie fluviali e terrestri. Entrambe le collezioni comprendono esemplari di provenienza e datazione eterogenee e constano di campioni conservati sia in liquido sia a secco.
Il nucleo storico della collezione è oggi scomparso e la serie delle Conchiglie Adriatiche raccolte dal professor Stefano Andrea Renier (1759-1830) all’inizio dell’Ottocento, venne da lui donato all’Imperatore d’Austria.
Gli esemplari marini conservati a secco sono purtroppo in numero assai esiguo rispetto a quanto dovevano essere nell'Ottocento. Il catalogo di Tomaso Antonio Catullo, datato 1841-1851, riportava infatti 1287 molluschi, provenienti soprattutto dall'acquisto della collezione di conchiglie della baronessa de Baraux (1843) e dalle donazioni del console Giuseppe Acerbi (1836). I campioni marini in liquido, provengono in piccola parte da acquisizioni di fine Ottocento fatte da Canestrini e dal fratello Riccardo, durante la campagna di Sciacca (1882) ma la maggior parte sono di epoche più recenti e frutto di scambi avvenuti negli anni 1950-1960, con la Stazione Zoologica di Napoli, con l'Istituito di Oceanografia di Messina e da campagne di studio nello Stretto di Messina e nell'Adriatico.
La collezione di molluschi dulciacquicoli e terrestri, conservati a secco, è costituita da due raccolte distinte. Una cassettiera tipicamente ottocentesca, tradizionalmente attribuita al nobile Edoardo De Betta (1822-1896), insigne uomo politico e malacologo veronese, autore di importanti pubblicazioni tra cui la "Malacologia Veneta" (1870) e membro delle più prestigiose accademie scientifiche d'Europa. La collezione è costituita da un totale di circa 42600 esemplari, arricchitti da esemplari recuperati alla fine del’Ottocento nel periodo in cui il Museo era sotto la direzione di Canestrini e vennero da lui riportati nel "Catalogo speciale delle conchiglie terrestri e fluviatili".
Grazie al lavoro di ricerca, riordino e studio di alcuni laureandi del corso di laurea in Scienze Naturali, la collezione è stata valorizzata attraverso uno studio dei reperti e dell’archivio storico anche a partire dagli studi svolti dal professor Marcuzzi negli anni ’50.